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Sulla «verità» o «falsità» di teorie antagoniste

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Outisemeuzontos
view post Posted on 12/9/2006, 17:46 by: Outisemeuzontos




Il problema è interessante (trattasi invero di prove tecniche di epistemologia).

In effetti il vecchio Popper (il cui fantasma sembra qui aleggiare), la metteva davvero in questi termini, dicendo che: 1) le teorie formulabili sono di principio infinite; 2) le teorie scientifiche si postula che siano falsificabili (=confutabili) in base all'esperimento che esse predispongono; 3) fra le infinite teorie in concorrenza, tutte false, alcune sono più verosimili (sono, per dirla con Parmenide, una congettura meglio ragionata e più plausibile sul mondo) di altre. Il modo per distinguere le teorie più verosimili, secondo il vecchio Popper, era semplice: una teoria è più verosimile di un'altra se e solo se: 1) il suo contenuto di verità è maggiore, senza che sia maggiore anche il suo contenuto di falsità; 2) il suo contenuto di falsità è minore, senza che sia minore anche il suo contenuto di verità. Si poneva così un criterio di verosimiglianza: non abbiamo teorie vere, ma solo teorie verosimili, che vanno di volta in volta aggiornate, in vista di un ideale regolativo di verità, che ci guida e ci impone di cercare di confutare la teoria in auge per scoprire quanto prima l'errore e formularne una migliore (il cosiddetto comando metodologico della falsificazione).

Senonché, le cose si sono dimostrate via via meno semplici, col tempo.

Il punto 2), il famoso criterio di falsificabilità, secondo cui le teorie scientifiche sono controllabili perché confutabili, entra in crisi di fronte al postulato di Quine-Duhem, e alle osservazioni di Hick sul linguaggio religioso. Il postulato di Quine-Duhem afferma semplicemente che il ricercatore può "gridare più forte" dei fatti che confutano la teoria, assumendo una posizione di "contro-confutazione", perfettamente legittima, in linea di principio, sul piano metodologico (specie se nessuno al momento è stato così bravo da trovare di meglio della teoria in auge). Il caso dell'astronomia tolemaica è tipico. Ne consegue che una teoria scientifica non approda a una falsificazione conclusiva, dato che anche il protocollo falsificante (la controasserzione che smentisce una teoria) può essere contestato. Ma in linea di principio, dice il filosofo analitico del linguaggio religioso Hick, sono le visioni religiose a non essere conclusivamente falsificabili. Quello che Hick dice delle religioni, può essere esteso a tutte le teorie che Popper chiama metafisiche, cioè a tutte le ipotesi non confutabili sperimentalmente in via conclusiva. Ne consegue che non è possibile fornire un criterio logico di scientificità basato sul concetto di falsificazione.

Allo stesso modo, il criterio di verosimiglianza di Popper si sfascia come un castello di carte, di fronte alle confutazioni logicamente circostanziate di logici come Larry Laudan o Pavel Tichy, che fanno leva su una semplice osservazione: l'unico modo di misurare il contenuto di verità di una teoria è guardare al numero di previsioni giuste che essa fa. Ma l'insieme delle previsioni di una teoria è un insieme infinito: sono infinite sia le previsioni vere sia quelle false. Pretendere di misurare la verosimiglianza sul piano logico è come pretendere di misurare la maggior lunghezza di un segmento... contandone i punti! Il risultato è che 1) non abbiamo una distinzione logica solida fra scienza e non scienza; 2) non abbiamo un criterio di verosimiglianza che ci permetta di distinguere sul piano logico le teorie migliori da quelle peggiori; 3) abbiamo al massimo un orientamento fallibilista, che preso come tale, non è più legittimo di una qualunque altra posizione dogmatica o metafisica (tipo, extra ecclesiam nemo salvatur).

L'unica alternativa è ridefinire le categorie dell'epistemologia (e qua siamo davvero alle prove tecniche) sulla base di categorie semiologiche elementari, approdando a una trasformazione semiologica dei cosiddetti tre mondi di Popper (il mondo 1 degli oggetti extramentali, il mondo 2 degli stati psichici, il mondo 3 delle teorie e dei significati).

Si deve in altre parole riflettere sul fatto più che banale che il mondo degli enunciati linguistici (ridefinizione semiotica del mondo 3) è di principio altro dal mondo dei referenti (ridefinizione semiotica del mondo 1); inoltre, il mondo degli enunciati linguistici è di principio orientato a comunicare il mondo dei referenti. A questo punto, il problema della falsità o della verità delle teorie, della concorrenza fra teorie false, dell'infinità degli eventi con cui si può avere a che fare, etc., passa in certo modo in secondo piano, rispetto a un'altra questione, che si rivela più fondamentale. Tale questione è: se vogliamo conoscere il mondo dei referenti (la realtà extralinguistica ed extramentale), possediamo un linguaggio che sia formalizzato in modo da essere referenzialmente orientato? Che è poi come dire: ammettiamo di principio la possibilità che le nostre asserzioni siano false, perché costitutivamente altre dal loro referente: pertanto è necessario formalizzare linguaggi e metodi che permettano di mettere in secondo piano l'elemento conativo-emotivo (pragmatico, retorico) della comunicazione di un evento, mettendo al centro il contenuto informativo e l'attenzione al referente esterno al linguaggio, e ai fattori disposizionali (pragmaticamente alterabili con la retorica) dei destinatari del messaggio.

Insomma, l'ingegno umano, più che accontentarsi di generalizzare senza certezza, con riluttante rassegnazione rispetto all'imperscrutabile, deve porsi il problema di costruire un linguaggio e un metodo che rendano conto della confutazione, senza che sia legittimo ignorarla. In parole povere, il testimone di Geova potrà ben dire che si può sostituire il sangue con elementi in provetta: resta il fatto che, sul piano medico, chi ha perso troppo sangue e non effettua trasfusioni, rischia la vita; e così, il cattolico integralista può ben dire che è immorale usare le staminali: resta il fatto che sul piano medico, le staminali arginano la sclerosi laterale amiotrofica, l'Alzheimer e tante altre brutte cose; e altrettanto, il fondamentalista islamico magrebino potrà ben dire che l'infibulazione è necessaria, se no quelle svergognate delle femmine orgasmerebbero per strada: resta il fatto, che sul piano medico l'infibulazione determina aumento della mortalità fra le bambine e sterilità diffusa. Il linguaggio del fondamentalista islamico, dell'integralista cattolico, del testimone di Geova è orientato a forzare pragmaticamente il destinatario con minacce; il linguaggio della medicina è referenzialmente orientato a descrivere ciò che, fino a prova contraria, tutela il benessere psicofisico degli individui. Il linguaggio delle metafisiche (almeno di alcune) è una minaccia a mano armata; il linguaggio referenzialmente orientato (e il metodo critico) della scienza è la chiave per descrivere la realtà. Quando si possiedono metodo critico, dialettica e un linguaggio formalizzato dal forte orientamento referenziale, l'infinità degli eventi possibili non è un problema così grosso.

Almeno secondo me.
 
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4 replies since 12/9/2006, 15:07   410 views
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