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Presentazioni di Prove tecniche di romanzo storico

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Hamlet da Hamelin
view post Posted on 28/6/2007, 22:50 by: Hamlet da Hamelin
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Ed ecco un ulteriore articolo sulla presentazione del 5 giugno a Palazzo Reale!: quest'è uscito su «Il Denaro» del 16 giugno 2007:


Saranno famose: alla scoperta di nuove case editrici

Che cosa sta succedendo nel panorama editoriale della Campania? Oltre alle case editrici che rappresentano da tempo un punto fermo sia a livello regionale che nazionale, quali sono, se ci sono, gli elementi di novità? Con una serie di incontri la Fondazione Premio Napoli si pone proprio questo obiettivo: grazie ad una serie di incontri andare alla scopertà delle nuove realtà editoriali. E naturalmente, conoscere, le proposte, le iniziative, le idee, gli spunti. La prima casa editrice protagonista è stata la casertana Lavieri di Rosa Lavieri e Marcello Bonomo.

“La nostra scommessa è fare della Fondazione Premio Napoli uno spazio culturale permanente, un luogo di scambio e di dialogo tra vicino e lontano in grado d'indagare la realtà, in tutte le sue forme». Con queste parole il presidente della Fondazione Silvio Perrella ha inaugurato nella splendida cornice di Palazzo Reale, il primo di una serie d'incontri dedicati alle giovani case editrici. Protagonista la casertana Lavieri, nata appena tre anni fa per intuito e impegno fattivo di Rosa Lavieri e Marcello Buonomo, che ha presentato per l'occasione il libro di Marco Palasciano “Prove tecniche di romanzo storico”. Finalista per tre volte consecutive al Premio Calvino, funambolico “linguista”, eclettico quanto basta - è infatti, tra l'altro, anche apprezzato musicista, poeta e realizzatore di scritture cinematografiche -, l'autore ha deliziato la platea con la sua verve istrionica, interpretando brani del suo lavoro e sottoponendosi al simpatico fuoco di fila degli altri intervenuti: il ludolinguista e scrittore Edgardo Bellini, il ricercatore di Letteratura comparata della Federico II Francesco De Cristofaro e il docente di Filologia romanza all'Università di Roma Tre Corrado Bologna. Il filo diegetico del romanzo, secondo libro della collana Arno curata da Domenico Pinto, si dipana a partire dal 1799, con la breve esperienza della Repubblica Partenopea, e termina nel 1815, con il Congresso di Vienna. Un arco temporale in cui si susseguono pezzi di storia che Palasciano rilegge in modo ironico, nel tentativo (improbabile) di ricostruire la storia della sua famiglia. È lui stesso, in un codicillo, ad avvertire che il testo non ha «altro umile fine se non di dimostrare che l'Autore discende da Beethoven». Debordement narrativo, pastiche dei generi, divertissement linguistico, introducono il lettore in un universo di registri, codici e stilemi sui generis, in cui il melodramma si fonde con la regia cinematografica, svelando la pronunciata attitudine diamesica dell'autore, in una sapiente parodia di fatti e personaggi, di espressioni e forme narrative.

La lingua, come ha evidenziato Bellini, è dunque «assoluta protagonista di questo romanzo assieme al gioco». Un gioco al tempo stesso iocus, facezia e impertinenza verbale, e ludus, attività più complessa e “sociale”. Un deragliamento che si traduce anche in contaminazione diacronica, dando origine a curiosi abbinamenti anacronistici di personaggi e cose che stravolgono la regolare scansione del tempo e dello spazio: dalla Paolina Bonaparte alle prese con la cabina telefonica ai solerti funzionari intenti a redigere verbali con la macchina da scrivere, dai bicchieri di carta ai sacchetti di plastica. Un viaggio iperbolico, autoreferenziale e metaletterario, rinforzato nel suo ritmo narrativo da un impianto polifonico che prevede la moltiplicazione delle prospettive attraverso il ricorso a creature di derivazione fumettistica, espediente narrativo coerente con il dichiarato richiamo a Donald Duck e Leopold Bloom quali (improbabili) numi tutelari del libro. Una stilizzazione parodica che pone questo libro fuori dagli schemi e che tuttavia, come ha avvertito De Cristofaro nel suo intervento, «non sarebbe generoso definire baroccheggiante, alla ricerca di precise influenze stilistiche e narrative». Di questa sorta di fantasmagorico teatrino storico, che mette assieme Paperino e Napoleone, linguaggio colto ed invenzione spiazzante, Palasciano s'impone in definitiva come maestro di trasformismo stilistico, cineasta e gran giullare, svelandosi al lettore, come ha detto con sottile ironia Corrado Bologna in chiusura, «come uno di quei grandi beffatori che usano la letteratura per convincerci che esistono».

Vittorio Romano

Edited by Hamlet da Hamelin - 29/6/2007, 02:24
 
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