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I come Inceneritori, Inferno, Italia

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view post Posted on 17/5/2007, 01:24
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Da www.ilbarbieredellasera.com:


Gli inceneritori:
un impatto ambientale devastante


E’ appena il caso di spendere qualche riga su quest’ultimo argomento, l’impatto ambientale degli inceneritori, benché molto sia già stato scritto. Molto è stato scritto, è vero, ma ben poco è transitato al pubblico attraverso i canali consueti, i mezzi di (dis)informazione di massa.

Gli inceneritori emettono dosi massicce di diossina. La diossina ricade sul terreno e viene accumulata dagli esseri viventi nel corso della catena alimentare, addensandosi nei grassi e favorendo l’insorgere di tumori. Non è smaltibile in nessun modo, salvo in un caso: il passaggio diretto di madre in figlio di una quota di diossina nel corso della gravidanza. I gas che si formano nel corso della combustione dei rifiuti contengono anche altre sostanze chimiche molto pericolose, come furani (PCDFs), cloroformio, policlorobifenili (PCBs), esaclorobenzene (prodotto di degradazione dei PCBs), tetracloroetilene, formaldeide e fosgene e metalli come l’arsenico, il berillio, cadmio, cromo (tutte sostanze cancerogene), più altri metalli pesanti non cancerogeni. I filtri degli impianti abbattono in fase di emissione gran parte di queste sostanze, tuttavia non possono eliminarle tutte.

Circa il 30% del peso iniziale del rifiuto si ritrova poi alla fine del ciclo di combustione sotto forma di ceneri altamente contaminate. Pertanto l’inceneritore non elimina affatto le discariche; anzi, al contrario richiede una discarica speciale per le ceneri residue, ceneri che – come abbiamo già detto – ammontano in peso a circa 300 Kg per ogni tonnellata bruciata. Un altro grosso problema è rappresentato dalle polveri sottili, particolato PM10, PM2.5 e PM0.1, le quali si formano in grandi quantità durante la combustione di impianti del genere.

Un recente studio degli scienziati Gatti e Montanari, commissionato dall’Unione Europea, ha evidenziato in particolare l’estrema pericolosità del particolato PM0.1, nanoparticelle con diametro inferiore al decimillesimo di millimetro, che la normativa europea finora non aveva consideratorilevanti ai fini della valutazione dell'impatto ambientale degli impianti di emissione (turbogas e inceneritori innanzitutto).

Con l’ausilio di un microscopio a scansione ambientale i due scienziati hanno invece dimostrato che non non esiste filtro in grado di abbattere il PM0.1. Tale particolato transita anche negli alimenti e non è smaltibile dal corpo umano, entrando nella cellula fino ad intaccare il filamento del Dna.

A fronte dello studio Gatti-Montanari, il calcolo del PM2.5 e del PM0.1 emesso verrà con tutta probabilità introdotto nelle normative europee. Risultato: gli inceneritori saranno fuorilegge, salvo proroghe e sanatorie di alcuni anni. Ma fino a quando i cittadini dovranno ancora continuare a “morire a norma di legge”, tanto per usare le parole di Beppe Grillo?

Edited by Hamlet da Hamelin - 6/6/2007, 16:07
 
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view post Posted on 21/5/2007, 02:53
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Da www.ecoblog.it:


Eviterei di parlare di termovalorizzatori, termine inventato in Italia, in tutto il mondo li chiamano inceneritori e basta.

Che poi quelli di ultima generazione utilizzino parte del calore per produrre energia elettrica o termica e vengano collegati alle reti di teleriscaldamento, non è confortante.

Gli inceneritori sono inquinanti, antieconomici, inutili.

Le immondizie vanno recuperate tramite la raccolta differenziata e la materia riutilizzata in altri processi produttivi.

Purtroppo in Italia c'è questa smania di fare inceneritori, i sindaci sono diventati tutti dei novelli Nerone.

Gli inceneritori possono vivere solo grazie alla truffa dei certificati CIP6, quando anni fa sono stati "assimilati" alle energie rinnovabili (sole, vento ecc.) e pertanto prendono dei contributi non dovuti, contributi che noi tutti paghiamo con le nostre bollette dell'ENEL. Senza contare che vi sono residui in ceneri altamente tossiche da smaltire in discariche speciali oltre alle emissioni in atmosfera.

Torino, 900.000 abitanti, 37% di raccolta differenziata.

Novara (Piemonte), 100.000 abitanti, ha raggiunto il 70% di raccolta differenziata.

San Francisco (USA), 850.000 abitanti, attualmente è al 71% di raccolta differenziata, ha adottato la politica "rifiuti zero" con obiettivo zero rifiuti in discarica entro il 2020.

Fare gli inceneritori è un chiaro incentivo a NON fare la raccolta differenziata, il materiale che ha più potere calorifico sono proprio le bottiglie di plastica, una volta che l'inceneritore è costruito, bisogna alimentarlo.

E' possibile una vita migliore, basta volerla.
 
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view post Posted on 21/5/2007, 18:06
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Già riportammo qui che, in Campania,


da una parte la raccolta differenziata è ferma a percentuali irrisorie, dall’altra, vengono progettati tre grandi inceneritori, che per funzionare a regime avrebbero bisogno di un quantitativo di rifiuti superiore a quello che oggi viene già prodotto nel nostro territorio in quantità maggiore alla media. Questi impianti sono stati progettati per incenerire una quantità di combustibile da rifiuto che in futuro non sarà disponibile con una raccolta differenziata a pieno regime, con la prospettiva di caricare la Campania dello smaltimento dei rifiuti anche di altre regioni. Da ciò emerge la palese contraddizione tra il principio della raccolta differenziata con il recupero dei materiali imposto dalla legge e quello dell’incenerimento previsto dalla pianificazione commissariale.

Un altro principio fondamentale stabilito dalla normativa è l’obbligo di utilizzare, per lo smaltimento dei rifiuti, le “tecnologie più perfezionate” al fine di tutelare la salute pubblica. Gli inceneritori, invece, emettono diossine (vedi image), riconosciute fin dal 1997 come cancerogeni certi per l’uomo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul cancro, e non ha senso parlare di una soglia di tollerabilità, e particolato ultrafine (vedi image, image, image), che ha la capacità di penetrare in tutti i tessuti, di attraversare la barriera emato-cerebrale penetrando all’interno del cervello, di danneggiare il Dna, di interferire con l’espressione genica. Inoltre, un terzo del quantitativo dei rifiuti introdotti in un inceneritore si trasforma in ceneri tossiche, da trattare e poi smaltire in discariche speciali. La conseguenza paradossale è che un sistema pensato per smaltire rifiuti ordinari finisce per produrre rifiuti pericolosi.


Quanto al particolato ultrafine, l'intera conferenza è visibile qui (dura circa 90'): image

Qui, da leggere, un'intervista: image


Edited by Hamlet da Hamelin - 12/6/2007, 14:56
 
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Dal blog alex321.splinder.com:


Alex321 nell'inceneritore

Entrare in un impianto di incenerimento, è sempre come entrare all'inferno. Prima di tutto per il calore. Poi per l'odore. Per l'odore di morte. Morte non solo umana, ma proprio morte della materia, morte di atomi e molecole e oggetti che manipoliamo nella nostra vita.
Ci guida un tecnico dell'impianto. Preparato ed anche simpatico. Certo, ogni tanto bisognava rimetterlo sui binari, perchè gli piaceva divagare, con espressioni dialettali in bresciano che io - napoletano - non sarei in grado di ripetere.
Ma già all'inizio salta subito all'occhio un particolare stonato, quando ci dice, mentre in sala conferenze ci mostra la sezione longitudinale dell'impianto, "La temperatura in cima alla griglia è di 1150 gradi", e poi prosegue senza dire le altre temperature. Eh no, non ci sto. In un impianto a griglia mobile la griglia non può essere orizzontale, e siccome la termodinamica non è un'opinione, la temperatura lungo la griglia non è costante. Io voglio sapere la temperatura media, o almeno il gradiente verticale di temperatura, cose che si guarda bene dal dire. Non importa lo scoprirò.

Ci mostra i filtri a manica, quelli che ripuliscono i fumi prima dell'immissione al camino. Sì sì, d'accordo, il filtro a manica è geniale come meccanismo ma... i pori del filtro hanno un diametro di 6 micron, pertanto tutte le nanoparticelle di diametro inferiore ai 6 micron non vengono filtrate, e vanno in atmosfera.
Qualcuno in sala (non io) lo fa notare, il relatore glissa, glielo fanno notare ancora. Prima dice: "Ecco, come al solito c'è sempre qualche contestatore". Alla fine tenta un baratto del tipo: "Ok, ammetto che ci sono nanopolveri, ma voi ammettete che non c'è diossina". I polli ci cascano, e dicono che va bene, non c'è diossina.
Per me potrebbe anche andare bene, perchè la molecola di diossina ha un'energia di legame tale che a poco più di 850 gradi centigradi si rompe, e lui ha detto che la temperatura in cima è 1150. Il problema è che la temperatura in cima è quella massima. Io voglio sapere la temperatura media. Ma taccio. Tanto prima o poi i nodi vengono al pettine.
Un altra persona del pubblico fa domande sul tipo di materiali che vengono bruciati. Qui il relatore ammette senza problemi che si tratta di un problema politico e non tecnologico. Ed ha ragione. Viva la sincerità.

Si passa per le ceneri tossiche, e qui la figura di merda arriva immediata.
La prima frase del relatore è: "Insomma qui inceneriamo per non fare la fine della Campania, che manda i rifiuti in Germania". La Campania ha mandato i rifiuti (tal quali) in Germania solo per pochi mesi, nel 2004, per via ferroviaria. Ma non è un problema. Il problema sorge quando qualcuno chiede: "Ma le scorie tossiche di cui restano impregnati i filtri, dove vanno a finire? Mica in discarica!"
Risposta del relatore: "Questo impianto esiste da 9 anni, e fin dal primo giorno, le scorie le mandiamo in Germania, con due o tre camion al giorno."
Viva la sincerità.
E finalmente arriva la slide tanto agognata: quella delle emissioni. E qui casca l'asino. All'ultimo rigo c'è scritto: TCDD 0,1 nanogrammicubi.

Alzo la mano.
Io: "Vedo all'ultimo rigo dell'elenco che c'è una quantità non nulla di tetraclorodibenzo-p-diossina (è vecchio il trucco di chiamarla TCDD), ma non aveva detto che di diossine non ce ne sono?"
Lui: "Beh, lo zero assoluto non esiste".
Io: "No scusi, non capisco. Mi ha detto che la temperatura è di 1150 gradi centrigradi..."
Lui: "Certo!"
Io: "Ma da questi numeri che vedo sulla slide, si vede che la temperatura media è attorno agli 850 gradi. Sono fumi da comustione a circa 850 gradi".

Lui: "Sì perchè le scorie che cadono... " e glissa la domanda mettendosi a parlare delle scorie!!!
Io: "No scusi, ma la domanda era un'altra. La temperatura non è costante lungo la griglia.."
Lui: "Certo! Infatti quando raccogliamo le scorie..." e giù con i camion che vanno in Germania. No, non ci siamo. Glissa ancora!
Io: "Le sto dicendo che il vostro forno ha temperatura media a 850 gradi, per cui non è vero che eliminate la diossina."
Lui: "Ma... le ho detto all'inizio che sono 1150!"
Io: "1150 è quella massima, poi la griglia è inclinata, i rifiuti rotolano lungo la griglia a temperature inferiori, e si produce diossina."
Lui: "Ma no, ma quale diossina.. le ripeto, lo zero assoluto non esiste".
Io: "Certo che esiste. Poco sopra gli 850 gradi la molecola di TCDD si rompe, voi siete al di sotto."

E qui succede l'assurdo. Il relatore perde i nervi e mi sbraita: "Lei dice 850 gradi? Ed io le dico questa informazione se la tenga per lei!"
(col cavolo che me la tengo per me! o no?)
Io: "Ma... sto solo facendo una osservazione innocente, non sto contestando..."
Lui: "Ma voi allora siete in malafede!"
Sì sì, se continuiamo così... mi sembra di essere di nuovo tornato a Marigliano, a sentire il senatore Barbato che accusa un cittadino (che è anche un amico) di essere uno che lo sta offendendo.
Ok, non c'è bisogno di spingermi oltre. Si è capito che l'impianto non è in grado di eliminare la diossina dalle emissioni. Quindi, meglio non parlare di furani e fenili, se no qua il poveraccio si metterà a piangere. Ma un'ultima cosa devo dirla.

Io: "Questo è un impianto a tal quale, vero?"
Lui: "Certo!"
Io: "Come avete risolto il problema dell'umidità?"
Lui: "Guardi che questo problema per il tal quale non c'è. Mica siamo un impianto a CDR, noi!"
Io: "Appunto... nella mia regione vogliono costruire impianti a CDR..."
E qui c'è il momento più bello. Lui in un inceneritore ci lavora, e lo conosce bene. Sentire quindi da lui frasi come: "Lei non ha idea di che problemi enormi può dare il CDR", "Se la selezione non funziona alla perfezione, il CDR sarà un disastro", ed altre cose che mi hanno dimostrato che in Campania abbiamo capito bene come stanno le cose :)

Poi, presi dalla stanchezza, siamo andati a vedere l'impianto.


image


La fossa. Entriamo dalla fossa, dove avviene il conferimento, sull'estremità sinistra del disegno qui sopra, dopo essere passati per il punto di controllo per evitare che vengano immessi materiali radioattivi nell'impianto. Scenario di metallo sporco e consunto. Odore di monnezza e di ruggine. La sensazione che resta appiccicata addosso è quella di essere entrati nella città di Zion, ed essere involontarie comparse di Matrix: stessi colori, stessa atmosfera. Brutto. Molto brutto.
Ci supera un camion che va a mettersi a retromarcia ad una delle imboccature della fossa, e caga monnezza giù. Ci affacciamo ad un boccaporto. Dentro ci saranno (molto ad occhio) tra le 6000 e le 7000 tonnellate di monnezza, datata anche di qualche giorno. Immaginate da voi odore, colori, spettacolo.
Che peccato. Tanta materia. Materia della terra, della società, che potrebbe essere usata chissà per quante cose, che invece è condannata al martirio. Al rogo.

Vedere per credere.


https://www.youtube.com/v/P7steu09Hx4


La griglia. Dante Alighieri aveva visto giusto. L'inferno è così. Avvicinarsi al visore che, dalla parete adiabatica, affaccia direttamente dentro la camera di combustione, abbassare la leva che apre il visore. E' fortemente schermato, e molto opaco, ma ci si trova le fiamme alte praticamente addosso. Nonostante la schermatura, arriva una vampata di calore. Nonostante l'opacità, la luce è fortissima. E le fiamme si vedono. Le fiamme dell'inferno.

Vedere la camera di combustione, è ciò che sta generando i miei nuovi incubi.
Peggio di un forno crematorio.
L'immagine non è buona, a causa della forte schermatura; non è la stessa cosa dell'esserci. Ma da l'idea. La da bene.


https://www.youtube.com/v/n3vXm7fc6FY



La turbina. Vista da vicino, e da sotto, sembra grande. In realtà è meno della metà di una turbina da idroelettrico, e fin qui è anche normale: gli attriti in gioco con l'idroelettrico sono molto maggiori, lì è acqua. Ma è piccola anche rispetto a quelle delle centrali a vapore, petrolio o carbone che sia.
C'è poco da fare. 70 Megawatt. Si ottengono 70 Megawatt da 2000 tonnellate di rifiuti...! Se si sottrae un 30% che costituisce le ceneri/scorie, facendo un conteggio molto approssimativo del calore prodotto, che riscalda la caldaia ad acqua, da tutto questo vapore si ottengono appena 70 Megawatt di potenza elettrica. Se si fa anche a mente un banale calcolo del rendimento, ci si accorge che è un giocattolo, non una centrale di produzione di energia.
Possiamo spacciarla quanto vogliamo per una macchina in grado di fare energia da rifiuto, ma l'energia è pochina, a dire il vero. E' una grande macchina a vapore, ma quasi tutto il calore va in entropia, e ben poco in energia.
Inutile paragonare questo tipo di (scarsa) produzione energetica al petrolio, cosa puntualmente fatta dalla guida. Proprio con il petrolio occorre fare il confronto? Cioè con il tipo di alimentazione per macchine a vapore più inquinante in assoluto? Mi sembra un po' una speculazione. E se sommiamo a questo il fatto che con quantità inferiori di petrolio si ottengono centinaia e centinaia di Megawatt di potenza...

...insomma, mi sembra che ci stiamo prendendo in giro.


https://www.youtube.com/v/wEB1STgXfNU


Il teleriscaldamento. 400 Km di gallerie e tubature sotto la città, coincidenti con il tessuto stradale. Fino a portare il calore nelle case. E' per questo che la turbina è piccola (e leggera) occorre far perdere quanta meno pressione possibile al vapore. Si perde molto, è vero, ma qui la fregatura è un'altra. Non è tecnologica. E' solo politica ed economica. Diciamo che in base ad un meccanismo decisamente perverso... quel che succede è che i cittadini pagano due volte per la stessa cosa. Ma è un meccanismo talmente perverso che magari lo spiegherò un'altra volta, perchè poi mi arrabbio :) No no, il CIP6 non c'entra, visto che l'impianto di Brescia non gode di questi soldi, non ha il CIP6. E guadagna lo stesso, grazie a questi perversi meccanismi.


https://www.youtube.com/v/OQ0cRUBxG40


Le scorie. Accidenti quanto sono brutte. Le scorie raccolte sotto la griglia, sono simili a ghiaia/brecciolino di colore grigio grigio bruciato. Contengono tutte le parti non combustibili alla temperatura della griglia: metalli ed altre schifezze.
Sono pietruzze altamente tossiche, come tutti o quasi i prodotti di combustione, e vanno tombate in discariche di seconda categoria B: discariche per rifiuti speciali nocivi. Carino invece come la nostra guida abbia ammesso che le mandano nelle discariche per i sovvalli...

Mah!


https://www.youtube.com/v/0OvwqrcqVLU


Poi ci sono le scorie fermate dai filtri. Sono quelle che finiscono polverizzate e vengono portate via dal fumo. Infatti sono anche dette "polveri di abbattimento fumi". Vengono fermate dai filtri (quelle di diametro aerodinamico maggiore di 6 micron! Quelle più piccole invece vengono immesse in atmosfera). Sono più pericolose di quelle precedenti: non posso essere assolutamente ingerite o inalate. Contengono metalli pesanti polverizzati, furani, e schifezze dal peso molecolare alto, dai nomi lunghi. Da quando esiste l'impianto, vengono mandate via autocisterna in Germania, pagando, dove vengono stoccate e tombate in miniere dove è finita da anni l'attività estrattiva.
Divertente ascoltare come la guida ammette la cosa.


https://www.youtube.com/v/2PVXalvLIpQ


Altre cose. La cosa più divertente, è la cabina del gruista. Un uomo, seduto e in condizioni di forte stress, manovra la grande gru prensile, montata su un carro ponte. Con una abilità manuale spaventosa, manovra due leve elettriche, con la quale fa scendere la grande mano metallica sul fondo della fossa. Muovendo le grandi dita della gru, rivolta il cumulo di rifiuti, lo fa diventare omogeneo il più possibile, poi ne preleva una quantità compresa tra i 2500 ed i 5000 Kg. Li solleva fino a 40 metri di altezza, e poi li lascia cadere nella larga imboccatura ad imbuto della camera di combustione. Ma non può lasciarli cadere così alla rinfusa. Socchiudendo e richiudendo rapidamente le dita della gru, deve spargere il carico sul bordo dell imbuto. Se sbaglia, si avranno emissioni fuori norma al camino! La mia impressione, è che se l'impianto dovesse sforare i limiti di legge per i fumi velenosi... darebbero la colpa all'operaio gruista.

Un lavoro stressante. Su turni distribuiti sulle 24 ore. Ci lavorano anche molte donne. Un lavoro che richiede una particolare sensibilità: meglio viene fatto, e minori saranno le emissioni di fumi...
E mentre riprendo la scena (disturbata dalla rifrazione del vetro), la guida mi dice: "Tu stai riprendendo troppo, mi sa che sei una spia"!


https://www.youtube.com/v/dhkLek5FRO8


La plancia di controllo la conosciamo tutti: viene mostrata in TV molto spesso.

Sbirciando gli strumenti, ho la prova di quanto detto all'inizio: una delle tre linee era spenta per manutenzione, le altre due mostravano temperature medie attorno ai 920 gradi, ma ogni tanto (a seconda di come il gruista lasciava cadere i cumuli), scendeva anche a 814. Quindi, i miei dubbi restano.

Uscendo dall'impianto, si ha una sensazione di tristezza. Una sensazione di morte. Un pensiero va ai fumi che hanno superato la prova del filtro, e che 24 ore su 24 vengono dispersi nell'atmosfera. Sono tanti e sono velenosi.
Uscendo, la guida mi dice ancora una volta: "Attenti con quel CDR...". Avrei dovuto anche fargli notare che l'impianto a CDR che vogliono costruire... non è da 2000 tonnellate al giorno, ma da 4000. Giusto il doppio
In pratica, sono entrato con qualcosa che non è un pregiudizio, ma è la certezza scientifica della nocività e della non convenienza di un inceneritore, e la visita mi ha convinto che avevo visto giusto.



Altri clip video:
Plancia di controllo
Scambiatori di calore
Impianti di raffreddamento
 
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Cliccare sul solito quadrato lampeggiante, per scaricare il file pdf «L'inganno dei termovalorizzatori», dell'Assise della Città di Napoli e del Mezzogiorno d’Italia: image

Indice:

ALLARME AMBIENTALE E SANITARIO
AVVERTIMENTO ALLA POPOLAZIONE CAMPANA

PER LA SALVEZZA DELLA CAMPANIA
di Flora Micillo

L’ESPOSIZIONE AD AGENTI CANCEROGENI: UN PROBLEMA DI SALUTE PUBBLICA
di Lorenzo Tomatis

TUTTO CIÒ CHE NON VI HANNO MAI DETTO SUGLI INCENERITORI
di Federico Valerio

NANOPATOLOGIE: CAUSE AMBIENTALI E POSSIBILITÀ D’INDAGINE
di Stefano Montanari

IL DIAVOLO BRUCIA. DIO CREA, RICICLA, TRASFORMA
di Ernesto Burgio

UN MONDO DA CAMBIARE: DA DOVE COMINCIAMO?... DAI RIFIUTI!
di Patrizia Gentilini

IL RIFIUTO DELLA POLITICA
estratti da «Carta»
 
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Discussione sull'inceneritore di Santa Maria La Fossa: image
 
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image

Leggo in un forum: «Avete letto le motivazioni della sentenza di condanna dell'Italia da parte della corte europea di giustizia? Nel caso della costruzione dell'inceneritore di Brescia e' mancata la preventiva Valutazione di Impatto Ambientale, che e' stata effettuata solo in maniera "retroattiva" e non e' stato permesso all'opinione pubblica di "esprimere le proprie osservazioni" (immagino il riferimento sia alla convenzione di Aarhus). Figuriamoci ad Acerra, nella situazione disastrosa delle discariche abusive, dove il commissario ha potuto, in virtu' dei suoi mega poteri, scavalcare qualsiasi VIA e confronto con i cittadini». E altrove, in altrenotizie.org:


LA CORTE EUROPEA CONDANNA L’ITALIA
PER L’IMPIANTO DI BRESCIA


La Corte di giustizia europea ha condannato l'Italia per l'inceneritore di Brescia, gestito dalla municipalizzata ASM. La causa è il mancato eseguimento della Valutazione d'Impatto Ambientale (VIA) prima dell'attivazione nel dicembre 2003 della cosiddetta "terza linea". La VIA è stata realizzata sì, ma solo retroattivamente nel 2004, quindi con l'impianto già realizzato e funzionante e solo dopo l'intervento della Commissione europea. Condanna anche per la mancata pubblicazione della comunicazione di inizio attività della stessa terza linea. I giudici hanno ribadito che i cittadini devono essere sempre informati in merito alle domande di nuove autorizzazioni per gli inceneritori "al fine di consentire al pubblico di esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell'autorità competente", si legge nel testo della sentenza. I giudici europei quindi sottolineano che non sono state rispettate le normative comunitarie per non aver sottoposto alla valutazione d'impatto ambientale il progetto di terza linea e, per la prima volta, per non aver permesso all'opinione pubblica di esprimere le proprie osservazioni. Un precedente importante, per il futuro, in tutti quei luoghi ove le scelte che condizionano il futuro di una comunità vengono prese senza che i cittadini vengano interpellati.

Secondo la Commissione Europea, la terza linea dell'inceneritore, classificata come impianto che effettua operazioni di recupero con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno (le biomasse bruciate nell’impianto bresciano si aggirano attorno alle 600 tonnellate al giorno), ricade nell'ambito di applicazione della direttiva 85/337 e, di conseguenza, avrebbe dovuto essere sottoposta al procedimento di VIA prima di essere autorizzata e poi costruita. La Commissione ha rilevato che, se il progetto non è stato oggetto di una VIA, è a causa della normativa italiana stessa, che non prevede l'assoggettamento ad una tale valutazione degli impianti di trattamento dei rifiuti sottoposti alle procedure semplificate.

Da parte sua, l’Italia ha sostenuto che, dl momento che la terza linea dell'inceneritore procede al recupero dei rifiuti ed è sottoposta alle procedure semplificate, essa è sottratta alla procedura di VIA e che la direttiva 85/337 esclude dal suo ambito di applicazione gli impianti che procedono al recupero di questi ultimi.

L'inadempimento contestato dalla Commissione, e riconosciuto dai giudici in Lussemburgo, è quindi solo la conseguenza dell'applicazione ad un caso particolare della normativa nazionale, che è già stata considerata contraria al diritto comunitario. La nota della Corte di Giustizia classifica addirittura le norme italiane al riguardo "incompatibili con il diritto comunitario" già dal novembre 2006.

La terza linea dell'impianto è stata messo in servizio nel dicembre 2003 e sottoposta ad una VIA retroattiva soltanto nel 2004, dopo l'intervento della Commissione europea che nel 2003 aveva chiesto chiarimenti. La terza linea dell'impianto di via Malta in realtà è impiegata unicamente per le biomasse e, grazie ad essa, la capacità dell'impianto ha raggiunto le 2000 tonnellate al giorno. Ricordiamo che negli anni '90 era stato autorizzato il progetto, quindi la costruzione, dell'impianto per un totale di 1350 tonnellate al giorno.

I giudici hanno inoltre ribadito che tutte le domande di nuove autorizzazioni per gli inceneritori "devono essere rese accessibili in luoghi aperti al pubblico al fine di consentire al pubblico di esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell'autorità competente". Nel caso di Brescia non c'è stata una vera e propria "domanda di autorizzazione all'esercizio" per la "terza linea", ma solo una semplice "comunicazione di inizio attività". Tuttavia la Corte Ue ha stabilito che la seconda procedura è "assimilabile" alla prima ed é quindi anch'essa soggetta all'obbligo di pubblicazione, in nome del principio della trasparenza del processo di autorizzazione.

Quindi, doppia condanna per l'Italia alla Corte di giustizia europea sul caso dell'inceneritore di Brescia. Ci auguriamo che sia di monito per gli altri impianti italiani, soprattutto per quelli che, in costruzione in regioni come la Campania, afflitte da una durevole emergenza rifiuti, hanno avuto accesso a procedure semplificate al punto di poter eludere la Valutazione di Impatto Ambientale, come nel caso di Acerra.

Alessandro Iacuelli
 
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Come poc'anzi detto, la Corte di Giustizia Europea ha condannato l'Italia per l'inceneritore di Brescia. Di seguito la sentenza, dal blog Nunzia dal triangolo della morte:


SPOILER (click to view)

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione) 5 luglio 2007 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti – Recupero dei rifiuti – Realizzazione della “terza linea” dell’inceneritore di rifiuti di Brescia – Pubblicità della domanda di autorizzazione – Direttive 75/442/CEE, 85/337/CEE e 2000/76/CE»


Nella causa C?255/05, avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 16 giugno 2005, Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. M. Konstantinidis, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti F. Louis e A. Capobianco, avocats, con domicilio eletto in Lussemburgo,

                                                                                       ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

                                                                                        convenuta,


sostenuta da Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda du Nord, rappresentato dal sig. T. Harris, in qualità di agente, assistito dal sig. J. Maurici, barrister,

                                                                                         interveniente,

LA CORTE (Seconda Sezione), composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. P. Kūris, J. Makarczyk (relatore), L. Bay Larsen e J.?C. Bonichot, giudici, avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. R. Grass vista la fase scritta del procedimento, vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di decidere la causa senza conclusioni, ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con il suo ricorso, la Commissione chiede che la Corte voglia dichiarare che:

– non avendo sottoposto, prima della concessione dell’autorizzazione alla costruzione, il progetto di «terza linea» dell’inceneritore della società ASM Brescia SpA (in prosieguo: la «terza linea dell’inceneritore»), impianto di cui all’allegato I della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici o privati (GU L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE (GU L 73, pag. 5; in prosieguo: la «direttiva 85/337»), ad una valutazione di impatto ambientale a norma degli artt. da 5 a 10 della citata direttiva, e


– non avendo reso accessibile al pubblico, in uno o più luoghi aperti al pubblico, per un adeguato periodo di tempo affinché esso potesse esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell’autorità competente, la domanda di autorizzazione all’esercizio della «terza linea» dell’inceneritore di Brescia, e non avendo messo a disposizione del pubblico la decisione relativa a tale domanda e una copia dell’autorizzazione,

la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, della direttiva 85/337 nonché dall’art. 12, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti (GU L 332, pag. 91).


Contesto normativo

La normativa comunitaria

La direttiva 75/442/CEE

2 L’art. 1 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE (GU L 194, pag. 47), relativa ai rifiuti, come modificata dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva 75/442»), ha il seguente tenore:

«Ai sensi della presente direttiva, si intende per:

a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi;


(…)

d) “gestione”: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni nonché il controllo delle discariche dopo la loro chiusura;

e) “smaltimento”: tutte le operazioni previste nell’allegato II A;

f) “ricupero”: tutte le operazioni previste nell’allegato II B;


(…)»

3 L’art. 4 di tale direttiva dispone quanto segue:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e in particolare:

– senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la flora;

– senza causare inconvenienti da rumori od odori;


– senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.

(…)»

4 L’art. 9, n. 1, della detta direttiva è formulato nei seguenti termini:

«Ai fini dell’applicazione degli articoli 4, 5 e 7 tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano le operazioni elencate nell’allegato II A debbono ottenere l’autorizzazione dell’autorità competente di cui all’articolo 6.


(…)».

5 L’art. 10 della medesima direttiva così dispone:

«Ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano le operazioni elencate nell’allegato II B devono ottenere un’autorizzazione a tal fine».

6 L’art. 11, n. 1, della direttiva 75/442 prevede quanto segue:


«Fatto salvo il disposto della direttiva 78/319/CEE (…) possono essere dispensati dall’autorizzazione di cui all’articolo 9 o all’articolo 10:

(…)

b) gli stabilimenti o le imprese che recuperano rifiuti.

Tale dispensa si può concedere solo:

– qualora le autorità competenti abbiano adottato per ciascun tipo di attività norme generali che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni alle quali l’attività può essere dispensata dall’autorizzazione


e

– qualora i tipi o le quantità di rifiuti ed i metodi di smaltimento o di ricupero siano tali da rispettare le condizioni imposte all’articolo 4».

7 L’allegato II A della direttiva 75/442, intitolato «Operazioni di smaltimento», è inteso a ricapitolare le operazioni di smaltimento così come esse sono effettuate in pratica. In esso si afferma che, conformemente all’art. 4 di tale direttiva, i rifiuti devono essere smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente.


8 L’allegato II B della medesima direttiva, intitolato «Operazioni che comportano una possibilità di ricupero», mira a ricapitolare le operazioni di recupero così come esse sono effettuate in pratica. Anche in tale allegato si afferma che, conformemente all’art. 4 della stessa direttiva, i rifiuti devono essere recuperati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente.

La direttiva 85/337

9 L’art. 1, nn. 2 e 3, della direttiva 85/337 prevede:


«2. Ai sensi della presente direttiva si intende per

progetto:

– la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,

– altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;

committente:

il richiedente dell’autorizzazione relativa ad un progetto privato o la pubblica autorità che prende l’iniziativa relativa a un progetto;


autorizzazione:

decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso.

3. L’autorità o le autorità competenti sono quelle che gli Stati membri designano per assolvere i compiti derivanti dalla presente direttiva».


10 Ai sensi dell’art. 2, nn. 1, 2, e 3, primo comma, della stessa direttiva:

«1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell’articolo 4.

2. La valutazione dell’impatto ambientale può essere integrata nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da stabilire per raggiungere gli obiettivi della presente direttiva.

(…)


3. Fatto salvo l’articolo 7, gli Stati membri, in casi eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della presente direttiva».

11 L’art. 3 della detta direttiva stabilisce quanto segue:

«La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e conformemente agli articoli da 4 a 11, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:

– l’uomo, la fauna e la flora;

– il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;


– i beni materiali ed il patrimonio culturale;

– l’interazione tra i fattori di cui al primo e secondo trattino».

12 L’art. 4, n. 1, della medesima direttiva prevede quanto segue:

«Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 3, i progetti appartenenti alle classi elencate nell’allegato I formano oggetto di valutazione ai sensi degli articoli da 5 a 10».

13 Al punto 10 dell’allegato I della direttiva 85/337 vengono citati gli impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante incenerimento o trattamento chimico, quali definiti nell’allegato II A, punto D 9, della direttiva 75/442, con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno.


La direttiva 2000/76

14 Ai sensi dell’art. 3, punto 12, della direttiva 2000/76, ai fini di questa, si intende per:

«“autorizzazione”: la decisione o più decisioni scritte da parte dell’autorità competente che autorizzano l’esercizio dell’impianto a determinate condizioni che devono garantire che l’impianto sia conforme ai requisiti della presente direttiva. Un’autorizzazione può valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore».


15 L’art. 4, n. 1, di tale direttiva è redatto come segue:

«Fatto salvo l’articolo [11] della direttiva 75/442/CEE, o l’articolo 3 della direttiva 91/689/CEE, il funzionamento di qualunque impianto di incenerimento o di coincenerimento è subordinato al rilascio di un’autorizzazione a svolgere l’attività».

16 L’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76, relativo all’accesso alle informazioni e partecipazione del pubblico, è redatto come segue:


«Fatte salve la direttiva 90/313/CEE del Consiglio e la direttiva 96/61/CE del Consiglio, le domande di nuove autorizzazioni per impianti di incenerimento e di coincenerimento sono accessibili in uno o più luoghi aperti al pubblico, quali le sedi di istituzioni locali (...), per un periodo adeguato di tempo affinché possa esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell’autorità competente. La decisione, comprendente almeno una copia dell’autorizzazione e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, è parimenti accessibile al pubblico».

La normativa nazionale

17 L’art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell’Ambiente (GURI n. 59 del 15 luglio 1986), ha recepito la direttiva 85/337 nell’ordinamento italiano. Successivamente, l’art. 40 della legge 22 febbraio 1994, n. 146, recante disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale (Supplemento ordinario alla GURI n. 52 del 4 marzo 1994), ha affidato al governo italiano il compito di definire, con apposito atto di indirizzo e di coordinamento, condizioni, criteri e norme tecniche per l’applicazione della procedura di valutazione di impatto ambientale ai progetti inclusi nell’allegato II della direttiva 85/337.


18 L’art. 1, n. 3, del decreto del presidente della Repubblica 12 aprile 1996, intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della L. 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale» (GURI n. 210, pag. 28; in prosieguo: il «DPR») dispone:

«Sono assoggettati alla procedura di valutazione di impatto ambientale i progetti di cui all’allegato A».

19 L’art. 3, n. 1, del decreto del presidente del Consiglio dei ministri 3 settembre 1999 intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento che modifica ed integra il precedente atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione dell’impatto ambientale» (GURI n. 302 del 27 dicembre 1999, pag. 17; in prosieguo: il «DPCM»), che ha modificato la versione iniziale dell’Allegato A del DPR, è redatto come segue:


«Nell’allegato A al decreto del Presidente della Repubblica in data 12 aprile 1996 le lettere i), l) (...) sono sostituite dalle seguenti:

i) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all’allegato B ed all’allegato C, lettere da R1 a R9, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 [GURI n. 38 del 15 febbraio 1997; in prosieguo: il «decreto legislativo»], ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto legislativo (…).

l) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di [incenerimento] o di trattamento di cui all’allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, ed all’allegato C, lettere da R1 a R9, del [decreto legislativo], ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto legislativo (...)».


20 Le disposizioni del decreto legislativo, che descrivono le caratteristiche dei rifiuti e le attività che permettono di beneficiare della procedura semplificata, sono state adottate ai fini del recepimento dell’art. 11 della direttiva 75/442.

21 Risulta, in particolare, dall’art. 33, n. 1, del decreto legislativo, che, fatto salvo il rispetto di talune norme tecniche, le operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsi 90 giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente.

22 L’art. 33, n. 2, del citato decreto specifica, tanto per i rifiuti non pericolosi, quanto per i rifiuti pericolosi, il contenuto delle norme tecniche.

23 Ai termini dell’art. 33, n. 3, di tale decreto legislativo, la provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio attività e, entro il termine di cui al n. 1, verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti.


24 Infine, risulta dall’art. 33, n. 4, del decreto legislativo che, qualora la provincia accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al n. 1, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare dette attività ed i suoi effetti alla normativa vigente entro il termine prefissato dall’amministrazione.

Il procedimento precontenzioso

25 Con lettera del 28 aprile 2003, la Commissione richiedeva informazioni alla Repubblica italiana, in particolare sull’applicazione alla «terza linea» dell’inceneritore delle procedure previste dalle direttive 85/337 e 2000/76.


26 Tale Stato membro precisava, da un lato, di aver escluso il progetto di «terza linea» dell’inceneritore dal procedimento di valutazione dell’impatto ambientale, in quanto esso rientrava nell’eccezione di cui all’allegato A, lett. l), del DPR, come modificato dal DPCM, e, dall’altro, di aver proceduto a diversi atti di pubblicità e a misure di consultazione conformemente all’art. 12 della direttiva 2000/76.

27 Alla luce delle risposte così fornite dalla Repubblica italiana, giudicate insoddisfacenti, la Commissione avviava il procedimento precontenzioso con l’invio di una lettera di diffida datata 19 dicembre 2003.


28 Con lettera dell’8 giugno 2004, le autorità italiane competenti rendevano nota la volontà del gestore della «terza linea» dell’inceneritore di sottoporre quest’ultima, la cui messa in servizio era stata autorizzata nel dicembre 2003, ad una valutazione d’impatto ambientale.

29 In seguito, con parere motivato del 9 luglio 2004, la Commissione invitava la Repubblica italiana ad adottare le misure necessarie per conformarsi, in particolare, agli obblighi derivanti dalla direttiva 85/337 entro un termine di due mesi dalla data di ricevimento di detto parere.

30 In una lettera del 31 gennaio 2005, la Repubblica italiana confermava che il gestore della «terza linea» dell’inceneritore aveva presentato formale richiesta di valutazione dell’impatto ambientale, pubblicata in data 11 dicembre 2004. In seguito, con lettera del 3 maggio 2005, essa produceva taluni documenti sullo stato di avanzamento del procedimento di valutazione in corso e indicava che quest’ultimo era in via di completamento.


31 La Commissione, avendo ritenuto insoddisfacente la posizione adottata dal governo italiano nelle summenzionate lettere di risposta, ha proposto il presente ricorso ai sensi dell’art. 226 CE, secondo comma.

Sul ricorso

Sulla ricevibilità

Argomenti delle parti

32 La Repubblica italiana sostiene che il ricorso della Commissione è irricevibile per mancanza di interesse ad agire da parte di quest’ultima. La Commissione non avrebbe, infatti, alcun interesse ad esigere l’adempimento di un obbligo già adempiuto. Pertanto, in ragione del giudizio positivo circa la compatibilità ambientale della «terza linea» dell’inceneritore che risulterebbe dal decreto interministeriale 3 giugno 2005, adottato a conclusione del procedimento di valutazione avviato nelle condizioni ricordate al punto 30 della presente sentenza, il ritardo nell’effettuazione della valutazione dell’impatto ambientale non avrebbe provocato alcun pregiudizio all’ambiente. Vi sarebbe stata esclusivamente una situazione di illegittimità formale connessa all’assenza di valutazione dell’impatto ambientale, cui sarebbe stato posto rimedio.


33 La Repubblica italiana aggiunge che la Commissione esige il rispetto di obblighi illogici e pertanto ha commesso un eccesso di potere agendo in violazione dei principi di buona amministrazione e di proporzionalità.

34 La Commissione osserva che essa mantiene un interesse diretto, specifico e concreto nella presente causa. A tale proposito, riguardo all’interesse a proseguire l’azione a seguito della violazione della direttiva 85/337, essa sostiene che poco importa che le autorità competenti abbiano effettuato una valutazione dell’impatto sull’ambiente della «terza linea» dell’inceneritore, poiché ciò non risponde agli obblighi della detta direttiva in quanto è prima del rilascio dell’autorizzazione che i progetti che possono avere un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni e la loro ubicazione, devono essere sottoposti ad un procedimento di autorizzazione e ad una valutazione di tale impatto.


35 Secondo la Commissione, la sola volontà del gestore della «terza linea» dell’inceneritore di sollecitare la sottoposizione di tale impianto ad una valutazione di impatto ambientale, mentre tale impianto era già stato realizzato e messo in funzione, è, di conseguenza, indifferente, in quanto la domanda di valutazione è stata presentata solo il 7 dicembre 2004 e si è proceduto a tale valutazione solo dopo la scadenza del termine impartito nel parere motivato.

36 Peraltro, la Commissione fa osservare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, nell’esercizio delle competenze di cui è investita in forza dell’art. 226 CE, la Commissione non è tenuta a dimostrare il proprio specifico interesse ad agire.


Giudizio della Corte

37 Risulta da costante giurisprudenza che, nell’esercizio delle competenze di cui è investita in forza dell’art. 226 CE, la Commissione non è tenuta a dimostrare il proprio interesse ad agire. La Commissione ha, infatti, il compito di vigilare d’ufficio e nell’interesse generale, sull’applicazione, da parte degli Stati membri, del diritto comunitario e di far dichiarare l’esistenza di eventuali inadempimenti degli obblighi che ne derivano, allo scopo di farli cessare (v. sentenze 1º febbraio 2001, causa C?333/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I?1025, punto 23; 2 giugno 2005, causa C?394/02, Commissione/Grecia, Racc. pag. I?4713, punti 14 e 15 nonché giurisprudenza ivi citata, e 8 dicembre 2005, causa C?33/04, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I?10629, punto 65).


38 Peraltro, spetta alla Commissione valutare l’opportunità di agire contro uno Stato membro, determinare le disposizioni che esso avrebbe violato e scegliere il momento in cui inizierà il procedimento per inadempimento nei suoi confronti, mentre le considerazioni sulle quali si fonda tale decisione non possono avere alcuna incidenza sulla ricevibilità del ricorso (v. sentenze 18 giugno 1998, causa C?35/96, Commissione/Italia, Racc. pag. I?3851, punto 27, e Commissione/Lussemburgo, cit., punto 66).

39 A tale riguardo, la Corte è tenuta ad accertare se l’inadempimento contestato sussista o meno, senza che le spetti pronunciarsi sull’esercizio del potere discrezionale della Commissione (v., in particolare, sentenza 13 giugno 2002, causa C?474/99, Commissione/Spagna, Racc. pag. I?5293, punto 25, e Commissione/Lussemburgo, cit., punto 67).

40 In ogni caso, anche supponendo che la realizzazione di una valutazione a posteriori dell’impatto sull’ambiente della «terza linea» dell’inceneritore sia di natura tale da far cessare l’inadempimento censurato, è giocoforza constatare che una valutazione di tal genere non era stata avviata alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, data in relazione alla quale la situazione dello Stato membro deve essere esaminata per valutare l’esistenza di un inadempimento (v., in particolare, sentenza 14 luglio 2005, causa C?433/03, Commissione/Germania, Racc. pag. I?6985, punto 32).


41 Dalle considerazioni che precedono risulta che l’eccezione di irricevibilità relativa alla mancanza di interesse ad agire della Commissione deve essere respinta.

Nel merito

42 A sostegno del proprio ricorso la Commissione fa valere due censure.

Sulla prima censura, relativa alla violazione degli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, della direttiva 85/337

– Argomenti delle parti

43 Secondo la Commissione, la «terza linea» dell’inceneritore, classificata come impianto che effettua operazioni di ricupero ai sensi dell’allegato II B della direttiva 75/442, con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, ricade nell’ambito di applicazione dell’allegato I, punto 10, della direttiva 85/337 e, di conseguenza, avrebbe dovuto essere sottoposta al procedimento di valutazione di impatto ambientale prima di essere autorizzata e poi costruita. La Commissione rileva che, se il progetto non è stato oggetto di una valutazione di impatto ambientale, è a causa della normativa italiana stessa, che non prevede l’assoggettamento ad una tale valutazione degli impianti di trattamento dei rifiuti sottoposti alle procedure semplificate.


44 La Commissione aggiunge che, escludendo dalle procedure di valutazione di impatto ambientale gli impianti che effettuano operazioni di recupero dei rifiuti grazie ad un’autorizzazione concessa con procedura semplificata, il DPCM viola gli obblighi che derivano dalla direttiva 85/337.

45 La Repubblica italiana nega l’esistenza dell’inadempimento censurato e ribadisce, a sua difesa, gli argomenti da essa esposti nella causa che ha dato luogo alla sentenza 23 novembre 2006, causa C?486/04, Commissione/Italia (Racc. pag. I?11025).

46 Così, essa sostiene, in via principale, che, in quanto la «terza linea» dell’inceneritore procede al recupero dei rifiuti ed è sottoposta alle procedure semplificate di cui agli artt. 31 e 33 del decreto legislativo, adottati per recepire l’art. 11 della direttiva 75/442, essa è sottratta alla procedura di valutazione di impatto ambientale. Stabilendo, da un lato, un collegamento tra la direttiva 85/337 e la direttiva 75/442 riguardo ai termini tecnici usati in materia di rifiuti e riferendosi, dall’altro, al testo stesso dell’allegato I, punto 10, e a quello dell’allegato II, punto 11, lett. b), della direttiva 85/337, che menzionano solo la nozione di smaltimento dei rifiuti, la Repubblica italiana ritiene che tale ultima direttiva escluda dal suo ambito di applicazione gli impianti che procedono al recupero di questi ultimi.


47 La Repubblica italiana sostiene anche che la finalità delle modifiche apportate dalla direttiva 91/156 alla direttiva 75/442 era quella di stabilire una terminologia comune e una definizione armonizzata dei rifiuti che permettesse di ravvicinare, sia sul piano comunitario sia su quello nazionale, le differenti norme che concernono i rifiuti. Ne conseguirebbe che, quando la direttiva 97/11 menziona la nozione di rifiuti, i termini e le definizioni che essa impiega debbono essere mutuati dalla disciplina propria di settore, cioè dalla direttiva 91/156.

48 Tale Stato membro aggiunge che, dal momento che in materia di recupero dei rifiuti le emissioni non oltrepassano i limiti autorizzati dalla normativa comunitaria, non è necessario procedere all’applicazione del procedimento di valutazione in quanto il recupero dei rifiuti ha esso stesso l’obiettivo di proteggere l’ambiente.

49 Con memoria di intervento del 7 aprile 2006, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sostiene le conclusioni della Repubblica italiana in merito alla prima censura.

– Giudizio della Corte


50 A titolo preliminare, occorre rilevare che, nella citata sentenza 23 novembre 2006, Commissione/Italia, la Corte ha dichiarato che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 1, 2 e 3, della direttiva 85/337, avendo adottato l’art. 3, n. 1, del DPCM, il quale consente che i progetti di impianti di recupero di rifiuti pericolosi e i progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, rientranti nell’allegato I della stessa direttiva e che sono oggetto di una procedura semplificata ai sensi dell’art. 11 della direttiva 75/442, siano sottratti alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista ai detti artt. 2, n. 1, e 4, n. 1.

51 L’inadempimento contestato dalla Commissione nella presente censura è solo la conseguenza dell’applicazione ad un caso particolare della normativa nazionale che, come è stato esposto al precedente punto, è già stata considerata contraria al diritto comunitario.


52 Infatti, l’applicazione di tale normativa, che esclude l’assoggettamento alla procedura di valutazione di impatto ambientale degli impianti per il recupero dei rifiuti rientranti nell’ambito di applicazione delle procedure semplificate previste agli artt. 31 e 33 del decreto legislativo, ha avuto il risultato di dispensare dallo studio sull’impatto ambientale la «terza linea» dell’inceneritore, mentre quest’ultima rientra nella categoria degli impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante incenerimento o trattamento chimico con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, previsti all’allegato I, punto 10, della direttiva 85/337. In quanto tale, la «terza linea» dell’inceneritore avrebbe dovuto essere assoggettata, prima di essere autorizzata, alla procedura di valutazione del suo impatto ambientale, posto che i progetti rientranti nel detto allegato I devono essere sottoposti ad una valutazione sistematica a norma degli artt. 2, n. 1, 4, n. 1, e da 5!


a 10 di tale direttiva (v. sentenza 23 novembre 2006, Commissione/Italia, cit., punto 45).

53 Tenuto conto di quanto precede, occorre dichiarare che, non avendo sottoposto, prima della concessione dell’autorizzazione alla costruzione, il progetto di «terza linea» dell’inceneritore alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt. da 5 a 10 della direttiva 85/337, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, di tale direttiva.

Sulla seconda censura, relativa ad una violazione dell’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76

– Argomenti delle parti


54 La Commissione contesta alla Repubblica italiana il fatto di non aver proceduto alla pubblicazione della domanda di autorizzazione all’esercizio della «terza linea» dell’inceneritore, né a quella del relativo provvedimento d’autorizzazione, e ciò in violazione delle disposizioni dell’art. 12 della direttiva 2000/76.

55 La Repubblica italiana ha sostenuto durante il procedimento precontenzioso che l’art. 12 non si applica alla presente fattispecie in quanto non è stata presentata alcuna domanda di autorizzazione all’esercizio per la detta «terza linea». Quest’ultima è stata oggetto solo di una comunicazione di inizio attività il 24 luglio 2003, in conformità alla procedura stabilita dal decreto legislativo.


– Giudizio della Corte

56 Risulta dall’art. 33, n. 1, del decreto legislativo che l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi 90 giorni dalla comunicazione di inizio attività alla provincia territorialmente competente. Entro tale termine, ai sensi del n. 3 dello stesso articolo, le autorità provinciali interessate verificano d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti perché possa procedersi al recupero.

57 Nella fattispecie, la «terza linea» dell’inceneritore ha formato oggetto, nell’ambito della procedura semplificata istituita dal decreto legislativo, di una comunicazione di inizio attività in data 24 luglio 2003. Tale comunicazione è stata seguita da due decisioni adottate dalle autorità provinciali competenti: un divieto di inizio attività il 21 ottobre 2003 e, successivamente, un’autorizzazione, il 19 dicembre 2003.


58 Risulta peraltro dall’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76 che le domande di nuove autorizzazioni devono essere rese accessibili in luoghi aperti al pubblico per un adeguato periodo di tempo al fine di consentire al pubblico di esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell’autorità competente. Tale decisione, comprendente almeno una copia dell’autorizzazione e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, deve essere parimenti accessibile al pubblico.

59 Lo scopo di tale disposizione, come risulta in particolare dal trentunesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/76, è quello di assicurare la trasparenza del processo di autorizzazione, permettendo al pubblico di essere coinvolto nelle decisioni da prendere in seguito alle domande relative a nuove autorizzazioni.

60 Pertanto si deve ritenere che la nozione di domanda di nuova autorizzazione debba ricevere un’accezione tale da rispondere pienamente alla finalità perseguita dall’art, 12, n. 1, della direttiva 2000/76. Pertanto, tale nozione deve essere intesa in senso lato come comprendente ogni procedimento assimilabile ad un procedimento per la concessione del permesso o dell’autorizzazione.


61 La comunicazione di inizio attività menzionata al punto 56 della presente sentenza, cui ha dato luogo la «terza linea» dell’inceneritore, alla luce delle sue caratteristiche e in particolare del ruolo riservato alle autorità provinciali, deve essere assimilata ad una domanda di nuova autorizzazione ai sensi della direttiva 2000/76.

62 In quanto tale, la citata comunicazione avrebbe dovuto essere resa accessibile, in uno o più luoghi aperti al pubblico, per un adeguato periodo di tempo affinché il pubblico potesse esprimere le proprie osservazioni dirette alle autorità provinciali competenti prima della scadenza del termine di 90 giorni impartito a queste ultime per verificare se sono soddisfatte le condizioni di legge richieste per poter procedere al recupero. Orbene, è accertato che, in violazione delle disposizioni dell’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76, la comunicazione di cui trattasi non è stata oggetto di alcuna misura di pubblicità.


63 Inoltre, neanche le differenti decisioni adottate dall’autorità provinciale interessata per quanto riguarda la «terza linea» dell’inceneritore, cioè il divieto di inizio attività e l’autorizzazione, menzionati al precedente punto 57, sono state messe a disposizione del pubblico, contrariamente alle prescrizioni dello stesso articolo.

64 Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare che, non avendo reso accessibile in uno o più luoghi aperti al pubblico la comunicazione di inizio attività della «terza linea» dell’inceneritore per un adeguato periodo di tempo affinché il pubblico potesse esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell’autorità competente e non avendo messo a disposizione del pubblico stesso le decisioni relative a tale comunicazione insieme ad una copia dell’autorizzazione, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76.


Sulle spese

65 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana, che è rimasta soccombente, quest’ultima dev’essere condannata alle spese.

66 Conformemente all’art. 69, n. 4, dello stesso regolamento, il Regno Unito sopporta le proprie spese.


Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1) Non avendo sottoposto, prima della concessione dell’autorizzazione alla costruzione, il progetto di una «terza linea» dell’inceneritore appartenente alla società ASM Brescia Spa alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt. da 5 a 10 della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici o privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, di tale direttiva.

2) Non avendo reso accessibile in uno o più luoghi aperti al pubblico la comunicazione di inizio attività della «terza linea» del detto inceneritore per un adeguato periodo di tempo affinché il pubblico potesse esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell’autorità competente e non avendo messo a disposizione del pubblico stesso le decisioni relative a tale comunicazione insieme ad una copia dell’autorizzazione, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti.


3) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

4) Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporta le proprie spese.

 
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Una "pillola" di Grillo sugli ineneritori, del dicembre 2006.

 
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L'inceneritore di Montale (Pistoia)
sfora di oltre sei volte il limite massimo delle diossine e viene chiuso


Firenze, 19 luglio 2007

"Una notizia purtroppo gravissima e che conferma la pericolosità degli
inceneritori e la instabilità delle loro emissioni." ha dichiarato
Fabio Roggiolani , consigliere regionale VERDI e Presidente della Commissione
Sanità del Consiglio Regionale - Già nel 2005 pur in linea con la
vecchia normativa sulle diossine si notava che non sarebbe riuscito a
rientrare dentro i parametri della normativa che di lì a poco sarebbe entrata
in vigore e infatti nel 2006 a febbraio era risultato di nuovo fuori
limite, ma pochi mesi dopo ancora controllato appariva dalle analisi dentro
i parametri previsti; ora di nuovo la doccia freddissima ovvero che nei
prelievi effettuati nel mese di maggio, proprio nei giorni in cui effettuavo
la visita davanti all'impianto si è sforato il limite di oltre sei
volte passando da rilevamenti consentiti di 0,1 a 0,6.

"Ringrazio l'Arpat per la precisione e la puntualità delle analisi, è
il momento dei controlli su tutti i terreni circostanti e sui venti
prevalenti che hanno soffiato in quei giorni e nei giorni successivi
per capire quali e quante diossine si sono depositate sui terreni e
quali sono le conseguenze per le popolazioni che vivono intorno
all'impianto.

Si dimostra quanto è stata inutile la polemica del sindaco nei miei
confronti quando mi tacciò di superficialità per aver dichiarato che
io non avrei comprato una casa nei dintorni dell'inceneritore.

Lo sforamento è grave, gravissimo, - ha concluso Roggiolani - occorre
una task force di Agenzia regionale di Sanità, dipartimento di prevenzione
dei luoghi di lavoro e Asl di Pistoia per effettuare tutti i controlli
sulla popolazione necessari dopo un episodio di questa gravità."

ufficio stampa
Gruppo Verdi per l'Unione
 
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Da www.videocomunicazioni.com:


Pecoraro Scanio: via libera
al secondo termovalorizzatore


Arriva a pochi mesi dall’avvio dell’impianto di Acerra il parere positivo del ministero dell’Ambiente per la costruzione del secondo termovalorizzatore regionale. I tecnici del ministero però, nel parere per la valutazione dell’impatto ambientale, hanno posto come prima e più importante condizione la salvaguardia della salute pubblica dei cittadini. Con molta probabilità il nuovo termovalorizzatore sorgerà a Santa Maria la Fossa e sarà attivo non prima del 2012. Parere positivo dunque ma anche rigoroso. Secondo i tecnici infatti è indispensabile che l’impianto rispetti la qualità dell’aria e che quindi venga costruito con tecnologie e materiali adeguati. Secondo indiscrezioni delle ultime ore però il nuovo impianto potrebbe sorgere a Villa Literno, dove ci sarebbe maggiore disponibilità. In ogni caso per la prima volta il piano del ministero retto da Pecoraro Scanio non si distanzia di molto da quello stilato dal commissario per l’emergenza rifiuti. Il problema potrà essere definitivamente risolto solo avviando il termovalorizzatore di Acerra, iniziando i lavori per quello di Santa Maria la Fossa o Villa Literno, progettandone un terzo, forse nel salernitano, aprendo almeno una discarica in ogni provincia, rimettendo a norma i sette impianti cdr regionali e soprattutto portando la raccolta differenziata a percentuali almeno vicine a quelle delle altre regioni. Lo stesso piano per i rifiuti è stato inoltre al centro del dibattito, in programma stamattina in regione, tra l’assessore Nocera, il presidente della commissione ambiente Ragosta e altri rappresentanti delle istituzioni.
 
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Un articolo del 2004 di Natale Belosi, responsabile del settore rifiuti di Sinistra Ecologista:


Tramonta in Europa l'era degli inceneritori

Sulla gestione dei rifiuti in Italia è ancora aperta la discussione su incenerire sì, incenerire no.
Per anni, e ancora adesso, la lobby dei costruttori e dei gestori ha indicato il resto dell’Europa, in particolare Germania e Danimarca, come esempio da seguire, perché l’incenerimento occupava una fetta notevole della modalità di smaltimento.

Da un anno il governo italiano ha concesso il massimo dei contributi (certificati verdi) all’incenerimento con recupero energetico dei rifiuti considerandoli fonte energetica rinnovabile, in contrasto con le direttive europee che ammettono al massimo a tali contributi solo la parte biodegradabile.

Questo contributo, pari a circa? 40 per ogni tonnellata di rifiuto indifferenziato bruciato, trasforma la modalità più costosa di smaltimento in quella più remunerativa, e in particolare diventa concorrenziale alla raccolta differenziata e riciclaggio dei rifiuti, che le norme europee, quelle italiane, nonché i principi fondamentali di sostenibilità ambientale indicano come prioritaria rispetto all’incenerimento con recupero energetico.

In Europa, dopo anni di sostegno all’incenerimento, e un’attente verifica sui suoi effetti, si è scelto di cambiare direzione: i contributi sono stati diminuiti (in Inghilterra è meno della metà rispetto all’Italia) o, nella maggior parte dei casi, tolti; ma soprattutto nello stato preso per tanti anni come riferimento, la Danimarca, è stata introdotta una tassa sull’incenerimento, perequandolo sostanzialmente alla discarica.

Svezia, Olanda e Inghilterra stanno discutendo lo stesso provvedimento.

Quali le ragioni di questo ripensamento?

La prima motivazione è che si è constatato che l’incenerimento è un oggettivo ostacolo alla raccolta differenziata e al riciclaggio, pratica che anche sotto il profilo del bilancio energetico, oltre a quello ambientale, è vantaggiosa, perché il risparmio energetico dovuto al riciclaggio è maggiore dell’energia netta prodotta dall’incenerimento.

La seconda motivazione è che si è constatato che il rendimento degli inceneritori è scarso, per cui il generico incenerimento dei rifiuti non può considerarsi una forma di recupero, ma semplicemente una forma di smaltimento.

Infine vi sono motivazioni legate alla salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini.

Basta considerare alcuni dati:

a) da uno studio in Germania, bruciando tutti i rifiuti di 1 milione di cittadini, si produce diossina quanto ne produce il traffico veicolare di 6 milioni, ma mentre non si può fare a meno della mobilità, e cambiare le modalità di trasporto richiede tempo, l’incenerimento ha da subito delle alternative;

b) al primo inceneritore a cui sono state applicati rilevamento in continuo, sono stati riscontrati emissioni di diossine di oltre 80 volte superiori ai limiti, mentre prima ciò non era stato rilevato dalle analisi di routine,

c) l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato in 280 picogrammi di diossina il quantitativo massimo assorbibile da una persona adulta: nelle migliori condizione di esercizio dell’ultima generazione di impianti, un inceneritore che brucia il rifiuto di 1 milione di abitanti produce circa 90 milioni di dosi all’anno, che si vanno a sommare a quelle rimaste degli anni precedenti perché la diossina ha un tempo di dimezzamenti di 5 anni.

Solo l’Italia va controtendenza, pensando all’incenerimento come panacea alla gestione dei rifiuti e alla produzione di energia.
 
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view post Posted on 4/10/2007, 23:31
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Sabato 13 ottobre 2007,
manifestazione nazionale ad Acerra,
contro l'inceneritore ecc. ecc.!


Per chi viene da Napoli l'appuntamento è a piazza Garibaldi alle 15.00,
altrimenti direttamente alle 16.00 alla stazione di Acerra.


image

Per l'immediata bonifica dei territori.
Per lo stop immediato del cantiere di Acerra e la sua riconversione in TMB.
Per la raccolta differenziata porta a porta, il riciclo, il trattamento a freddo e la riduzione a monte dei rifiuti.
Per un piano rifiuti concordato con le comunità, pulito e capace di creare nuova occupazione.
Per la difesa della salute, dei territori e dei beni comuni.
No all’incenerimento dei rifiuti ed alle megadiscariche.

Edited by Hamlet da Hamelin - 10/10/2007, 20:41
 
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view post Posted on 15/1/2008, 17:45
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Postiamo qui di séguito un articolo uscito oggi su «Repubblica», importante perché ricorda - anche prescindendo dalla discussione sulle scorie, le nanoparticelle e le patologie ad asse legate (fondamentale, ma che purtroppo non riesce a conquistare il dibattito televisivo, come se il problema degli inceneritori si riducesse alla diossina) quanto gli inceneritori esigano, per la loro intrinseca pericolosità, controlli rigorosissimi e una gestione animata da una rettitudine quali solo un ingenuo potrebbe auspicarsi in terra di Camorra e borghesia avitamente accattona e corruttibile.


Terni. Produceva veleni killer:
il pm chiude l'inceneritore


Emetteva diossina, inquinava il fiume. Gli operai invitati a farsi visitare.
Sotto inchiesta il sindaco. Da stamattina i rifiuti portati nella discarica di Orvieto


TERNI - Indicano l'inceneritore come un animale da cui guardarsi, accucciato in una conca dove l'aria stagna anche nei giorni di tramontana, in via Ratini, un budello sterrato tra le ciminiere e i silos della zona industriale del Sabbione. E lo fanno a maggior ragione ora, che l'animale tace della sua rugginosa ferraglia. Che i suoi due camini non esalano più bave di fumo.

Un nastro bianco e rosso e una macchina del corpo forestale dello Stato tengono lontani i curiosi (che non ci sono) e gli operai, che qui non metteranno più piede. A lungo. Affissi al cancello di ingresso, due fogli dattiloscritti dell'Agenzia Speciale Multiservizi (Asm) datati 14 gennaio avvisano "il personale degli impianti di termovalorizzazione, selezione e trasferenza che, per cause di forza maggiore, gli stessi non sono accessibili e pertanto tutto il personale è posto provvisoriamente in libertà fino a nuova disposizione".

Comunicano che 32 operai, entro le prossime 48 ore, "dovranno recarsi presso lo studio medico del dottor Barconi, in via Pacinotti, per sottoporsi ad esame radiologico". La città già sa dal primo mattino. La Procura della Repubblica ha disposto il sequestro dell'impianto con un provvedimento che racconta una storia lugubre, un "disastro ambientale" nella civile, ordinata e pulita Umbria. Che vale nove informazioni di garanzia e accusa il sindaco di una giunta di centro-sinistra eletta al secondo mandato con il 70 per cento dei suffragi di aver avvelenato la propria gente. L'aria che respira, la terra che calpesta, il fiume di cui va fiera, il Nera.

Vecchio di trentadue anni, l'inceneritore ha ruminato e bruciato sino al dicembre scorso (quando ne era stato disposto dal comune un fermo temporaneo per lavori di manutenzione straordinaria) oltre il 50 per cento dei rifiuti urbani della città e della sua intera provincia producendo, sin quando è economicamente convenuto, energia elettrica (5 megawatt l'ora). Ma in uno scambio diabolico, a leggere le sette pagine con cui il pubblico ministero Elisabetta Massini avvisa gli indagati dello scempio di cui li ritiene responsabili.

Perché la pulizia della città ne avrebbe significato di fatto la lenta e silenziosa intossicazione. A cominciare dal 2003 e fino a qualche settimana fa. I liquami dell'inceneritore - scrive il magistrato - venivano scaricati nel Nera in disprezzo dei limiti di concentrazione fissati dalla legge per il mercurio, per i residui dei cosiddetti metalli pesanti (selenio, cadmio, cromo totale, nichel, piombo, manganese, rame, zinco). E i responsabili dell'Asm (la municipalizzata che controlla l'impianto) ne sarebbero stati a tal punto consapevoli da tentare di "diluirli" nel tempo "aggiungendo acque di raffreddamento provenienti dalle torri dell'impianto".

I forni bruciavano senza autorizzazione, anche ciò che non avrebbero potuto - si legge ancora - lasciando che le ciminiere alitassero nell'aria "acido cloridrico" e "diossine", liberate da una "combustione" tenuta al disotto dei limiti (850 gradi) e dissimulata da false attestazioni dei cicli di lavorazione. Ancora: avrebbero bruciato anche rifiuti radioattivi. Come dimostrerebbero cinque "incidenti" registrati lo scorso anno. Il 16 marzo 2007 - scrive il pubblico ministero - viene dato ingresso nell'impianto a legno e carta provenienti da Monza e risultati radioattivi. Il 27 giugno, una nuova "positività". Anche se questa volta i rifiuti sono ospedalieri. Arrivano da dietro l'angolo. Dal "Santa Maria di Terni". E non sembra un'eccezione.

Perché il 4, il 9 e il 24 ottobre sono ancora "rifiuti sanitari" a far muovere gli aghi dei rilevatori di radiazioni. Va da sé - accusa il pubblico ministero - che agli operai che lavorano nella pancia dell'inceneritore venga taciuto in quale crogiolo di veleni siano immersi.

A quale sorgente cancerogena siano esposti, "nonostante, già nel 2002, uno studio commissionato dalla stessa Asm avesse accertato come ragionevolmente prevedibile il rischio di contaminazione". Nell'impianto nessuno sembra preoccuparsene. Peggio: nel reparto di "trasferenza", dove i rifiuti vengono separati e compattati, i filtri sono a tal punto ostruiti che "gli operai, per poter respirare, sono costretti a tenere aperte porte e finestre dei locali, provocando continue immissioni nell'aria di polveri nocive, da carta, nylon e altri rifiuti leggeri".

Paolo Raffaelli, il sindaco, parla con un nodo alla gola. Alle tre del pomeriggio, di fronte al magnifico palazzo Spada, la casa municipale, attraversando una piazza che brilla come uno specchio, c'è chi lo ferma e lo abbraccia scoppiando in lacrime. È stato nel Pci e nei Ds. Sarà nel Partito democratico. È stato fino al '99 parlamentare. È un uomo intelligente e non gli sfugge cosa significhi l'avviso di garanzia che ha ricevuto qualche ora prima insieme all'intero vertice della municipalizzata che gestisce l'inceneritore (il presidente dell'Asm Giacomo Porrazzini, anche lui ex parlamentare europeo dei Ds; i consiglieri di amministrazione Stefano Tirinzi, Antonio Iannotti, Attilio Amadio, Francesco Olivieri; il direttore generale Moreno Onori; i delegati per i servizi di igiene e prevenzione Giovanni Di Fabrizio e Mauro Latini).

Dice: "Stavo già passando settimane umanamente terribili per la Thyssen, che qui ha il suo stabilimento madre. E non sarei sincero se ora sostenessi che sui rifiuti sono tranquillo perché nel merito di questa vicenda ritengo che, nel tempo, siano state fornite alla magistratura tutte le controdeduzioni tecniche necessarie a far cadere gli addebiti gravi e direi pure infamanti che ci vengono mossi.

La verità è che questo sequestro non solo sporca la mia immagine politica, ma fa riprecipitare in tutto il Paese e nella sinistra la discussione sullo smaltimento dei rifiuti a un'antica e improduttiva guerra di religione: "inceneritore si", "inceneritore no". A Napoli, Bassolino e la Iervolino sono stati "impiccati" per non averlo ancora costruito. Io, da tempo, vengo "impiccato" dalla destra e da settori dell'ambientalismo per averlo fatto funzionare in un quadro integrato di raccolta differenziata, termovalorizzazione, uso delle discariche, sviluppo di nuove tecniche di bioriduzione.

Una cosa sola è certa. Questo sequestro non riuscirà a sporcare la città, anche perché, sensibilizzata dal prefetto, la magistratura ha compreso che per evitare che Terni sia sommersa di rifiuti nel giro di quattro giorni, almeno i reparti di raccolta dei rifiuti dell'impianto possano continuare a funzionare come snodo di smistamento".

A un costo, però. Che apre un nuovo capitolo dell'emergenza trecento chilometri a nord della linea del Garigliano. Da questa mattina, tutti i rifiuti urbani di Terni e della sua provincia saranno avviati "tal quali" (così si definisce in gergo l'immondizia non separata) nelle "crete" di Orvieto, la discarica che, sino ad oggi, ha raccolto solo il 20 per cento degli scarichi del ternano. Il cielo umbro respira. La sua terra comincia a gonfiarsi. Al veleno non sembra esserci rimedio. Neppure qui. Tra ulivi e colline smeraldo che il mondo ci invidia.

CARLO BONINI
 
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view post Posted on 15/1/2008, 19:00
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Tra un'ora, il professor Paul H. Brunner, creatore del famoso inceneritore di Vienna, terrà a Napoli una conferenza vòlta, suppongo, a far sorridere delle proteste nostrane anti-inceneritori. Amici delle Assise saranno lì a fare volantinaggio contro l'incenerimento. Intanto eccovi una lettera spedita per l'occasione a Brunner dal dottor Federico Valerio (dal suo blog http://federicovalerio.splinder.com):


Caro prof Brunner
sono un ricercatore dell'Istituto Nazionale per la ricerca dei tumori di Genova ( www.istge.it) dove dirigo il Servizio di Chimica Ambientale che da alcuni anni studia l'impatto ambientale dei diversi sistemi di gestione dei rifiuti urbani.

1) Dai dati di letteratura emerge con chiarezza che, a parità di materiali trattati, il riciclo ha impatti ambientali nettamente inferiori all'impatto ambientale della termovalorizzazione e permette maggiori risparmi energetici grazie all'evitata produzione a partire da materie prime vergini.

Quale è il suo parere a riguardo?

2)Se si confrontano emissioni gassose e scarti solidi della termovalorizzazione con quelli prodotti con trattamenti meccanico biologici, questi ultimi hanno impatti ambientali nettamente inferiori rispetto a quelli della termovalorizzazione.

Questa caratteristica quanto ha pesato sull' importante ricorso a queste tecnologie in Austria, Germania, Spagna, Irlanda, Inghilterra?

3) Diversi paesi europei tassano, anche pesantemente, l'incenerimento dei rifiuti urbani, anche se effettuato con impianti che recuperano la loro energia termica con la produzione di energia elettrica e calore.

L'entità di queste tasse ( valori riferiti al 2000),per ogni tonnellata di rifiuto incenerita è di 14-71 € in Austria, 3,7-22,3€ in Belgio, 38-44€ in Danimarca, 9 € in Svezia.

Ci può spiegare le motivazioni alla base di questa scelta?

Che ne pensa della scelta italiana di assimilare i rifiuti urbani a fonte di energia rinnovabile e quindi poter accedere al mercato dei Certificati verdi grazie ai quali una tonnellata di rifiuti italiani inceneriti riceve incentivi per 25-50 €?

Grazie per la sua attenzione e , mi auguro, per le sue risposte

dr. Federico Valerio
 
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